Catalogna, cultura europea
Da Raimundo Lullio a Eduardo Mendoza
Anche se prima esisteva già la prosa morale di Raimundo Lullio, nel Duecento, non sarà fino al periodo della Cancelleria Reale quando verrà unificato il catalano colto, che raggiunge la sua cima nel Quattrocento: accanto a Lullio, si paragona la prosa epica delle quattro grandi cronache, e soprattutto la poesia di Ausiàs March ed il Tirant lo Blanc, il romanzo cavalleresco di Joanot Martorell lodato da Cervantes. La spinta umanistica apre uno spiraglio attraverso il quale il catalano perde il monopolio cortese, uno spiraglio che si allunga fino al Settecento, momento conosciuto come Reinaxença (Rinascita) in cui fa ritorno il sentimento della coscienza nazionale catalana. Aribau è il poeta dell' Oda a la pàtria (1833). Negli ultimi anni del secolo diverse circostanze ripristinano lo splendore e la credibilità del catalano avuti nel Medioevo: il successo popolare di Verdaguer, la riforma linguistica e l'idealismo estetico degli artisti del liberty, qui chiamato Modernisme ne sono i testimoni agli inizi del secolo. Ma la ricuperazione durerà poco e la guerra civile (1936-39) ne sarà la causa. La dittatura di Franco fa sparire il catalano dall'editoria e proibisce il suo insegnamento nelle scuole. La lingua in esilio trova in quegli anni nel territorio della poesia la colonna vertebrale della letteratura. Il magistero di grosse personalità, quali Josep Carner, J.V. Foix e Carles Riba son una sorgente preziosa, alla quale attingono Joan Brossa, Bali Bonet, Gabriel Ferrater, Pere Gimferrer, Narcís Comadira, Miquel Bauçà e Enric Casasses, tra altri. Al loro fianco, spicca anche in quel periodo la prosa memorialistica di Gaziel, Josep Pla o Josep Maria de Sagarra, quest'ultimo autore anche di romanzi, come Mercè Rodoreda o Salvador Espriu. La democrazia riporterà l'ottimismo, aprendo diverse vie letterarie e linguistiche: un buon numero di scrittori nati nella Catalogna scelgono libermanete lo spagnolo per esprimersi:ne sono grossi esempi Ana María Matute, Jaime Gil de Biedma, i fratelli Goytisolo, Juan Marsé, Manuel Vázquez Montalbán, Eduardo Mendoza o Enrique Vila-Matas, autori che condividono mercato con i colleghi in lingua catalana, quali Quim Monzó, Jesús Moncada, Miquel de Palol, Baltasar Porcel, Núria Perpinyà, Julià de Jòdar, Màrius Serra, Vicenç Pagès, Lluís Anton Baulenas e Biel Mesquida.-
Vita, morte e miracoli della lingua
Lungo i secoli il catalano ha goduto di una vitalità ciclotimica, sempre legata alla situazione politica: alterna momenti euforici (che si riscontrano in un'impronta riconosciibile su tutto l'arco mediterraneo) e anche momenti di depressione dovuti alla condizione di lingua perseguitata e repressa. Questo stato di cose si traduce in una presenza viva della lingua nel Medioevo (Raimundo Lullio è il primo a nobilitarla) che crea certe volte equivoci con espressioni como la cosidetta Decadència (Decadenza) -dal Cinquecento al Settecento- o anche con la Renaixença (Rinascita) dell' Ottocento. Il Novecento si presenta invece con una figura basilare: il filologo Pompeu Fabra. Sarà lui a proporre le Norme Ortografiche (1913) e anche il Dizionario (1917). Il regime di Franco, dopo la guerra civile, cerca con proibizioni e strategie di sterminio di sradicare la lingua, ma bene o male le regole sono state assimilate dalla società ed il catalano regge tra i cittadini, i quali lo ritrovano sui mezzi d'informazione col ritorno della democrazia, ora anche col sostegno di una politica lingüística del Governo catalano utile ma certe volte anche pesante.
Il futuro, nonostante tutto, non è chiaro: la coabitazione con lo spagnolo, spesso in condizioni di svantaggio, ed anche con i nuovi immigrati ha fatto scattare più di un'allarme anche apocalittica. Per quelli che si fidano della fredezza delle statistiche, bisgona dire che il catalano è una lingua parlata da più di dieci milioni di persone che abitano nella Catalogna, il País Valencià (regione di Valencia), le Isole Baleari, il sud della Francia, Andorra e, residualmente, anche L'Alghero, in Sardegna. Per chi, inoltre, abbia interesse a studiarla, si può rivolgere alla pagina web http://cultura.gencat.es/llengcat/sial/svcerca.asp.-
Architettura nella Catalogna: incrocio di tendenze europee
Dovuto alla sua situazione geografica, l'architettura in Catalogna si è sviluppata sotto l'influsso di quella dei paesi di confine: la Francia, per prossimità sia fisica che culturale, l'Italia per le comuni radici romane e mediterranee. Romanico, cistercense e gotico ebbero un peso notevole nella Catalogna, che ne fece la sua interpretazione.Uno degli apporti più genuini dell'architettura catalana alla storia della costruzione, la cosidetta volta alla catalana, sarebbe originaria della regione del Rosselló (sud della Francia), ma in epoca dell'architettura moderna furono Josep Lluís Sert ed Antoni Bonet Castellana ad influire in Le Corbusier, che la fece sua.
A metà dell'Ottocento, Ildefons Cerdà fu uno dei primi grandi teorici dell'urbanismo e la nuova scienzia edilizia, mentre che, verso la fine del secolo, Antoni Gaudí diventó l'architetto più singolare dell'architettura catalana. Se egli viaggió rare volte e costruí poco fuoria dalla Catalogna, i suoi maestri e contemporanei, Elies Rogent, Lluís Domènech i Montaner e Josep Puig i Cadafalch, portarono lontano le loro innovazioni.
La portata internazionale dell'architettura catalana trovò il suo momento migliore negli anni 30, nel periodo della Seconda Repubblica, col colletivo GATPAC (Gruppo di Artisti e Tecnici Catalani per il Progresso dell'Architettura Contemporanea), con frequenti riferimenti a Le Corbusier e non lungi dalla miglior architettura delle vanguardie europee. Dalla fine degli anni sessanta in poi, il punto di referimento dell'architettura catalana si è spostato verso gli Stati Uniti.-
Gli artisti catalani
La Catalogna contribuisce all'apporto culturale universale con due periodi di uno speciale splendore creativo: il primo, agli inizi del medioevo, col fiorire rigoglioso dell'arte romanica, con tanto di monasteri, chiese, cappelle e pittura; il secondo, alla fine dell'Ottocento e primi del Novecento, negli anni dell'Art Nouveau, diffuso splendidamente in tutta la regione e che segnò il carattere moderno di Barcellona con una overdose di palazzi senza paragone in tutto il mondo, tra i quali spiccano quelli di Gaudí e di Puig i Cadafalch.
Oltre a questi due grandi 'momenti', il Novecento vide anche nascere nella Catalogna un certo numero di personalità notevoli, che hanno lasciato una traccia d'importanza nell'arte europeo del secolo, come Marià Fortuny, Josep Maria Sert, Salvador Dalí e Joan Miró. Quest'ultimo è l'artista catalano di maggior spicco del Novecento. Molti di loro si recarono a Parigi per perfezionarsi e poi rientrarono, come avevano già fatto gli artisti della generazione anteriore, quali Ramon Casas e Santiago Rusiñol; oggigiorno, il centro di attrazione per gli artisti catalani si è trasferito a New York e Berlino.
Nei primi anni cinquanta si formò a Barcellona il gruppo Dau al Set, dove confluirono le personalità più interessanti della plastica spagnola della seconda metà del Novecento: Joan Ponç, Joan Brossa e Antoni Tàpies; appartiene a quest'ultimo, per il momento, l'apporto catalano più recente ai canoni dell'arte contemporanea.-
Il teatro catalano: un'inmensa vocazione europea
Durante il regime di Franco il teatro e la cultura in genere subirono una feroce censura. Il semplice fatto di aspirare all'europeità era visto come segno di rebellione, e la cultura come un braccio della lotta contro il franchismo. Si spiega per questa via il bisogno degli intelettuali di viaggiare e portare di contrabbando le novità proibite. Autori, attori, reggisti e insegnanti scelsero questa strada, cristallizata nel teatro indipendente, nutrito da uno spirito anarchico, passionale, mediterraneo. Tra tutti, due grandi maestri: Ricard Salvat e Fabià Puigserver. L'ultimo fu l'anima del Teatre Lliure, appartenente all' Unione dei Teatri d'Europa, e la cui programmazione è stata sempre attenta al miglior repertorio universale fino a diventare il referente.
Albert Boadella (senz'altro il creatore di maggior rilievo del teatro indipendente) con la sua compagnia Els Joglars o Joan Font con Els Comediants favorirono anche loro la via europea ed internazionale, come più tardi, già in democrazia, fece anche La Fura dels Baus. Altri nomi da aggiungere in questa perspettiva sono Josep Maria Flotats, che lasciò dietro la Comédie Française per fondare il Teatre Nacional de Catalunya, e Lluís Pasqual, un direttore di teatro tra i più internazionali che, tra l'altro, fu responsabile dell'Odéon Théâtre de l'Europe di Parigi. Della generazione successiva al cosidetto teatro indipendente bisogna far riferimento a Calixto Bieito e Sergi Belbel: tutti e due costiruiscono la punta dell'iceberg di un collettivo di proffessionisti pronti a trasformare Barcellona in una delle capitali teatrali dell'Europa.-
Traducció de Pau Vidal
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